mi è venuta in mente, o forse è stata sempre lì, una cosa su Pinocchio e le pere e le bucce delle pere. Io non me lo ricordo Pinocchio della fiaba di Collodi, devo fare ammenda, ne conosco qui qualcuno in verità. Comunque questa cosa qui me la raccontava mia nonna. Tutte le volte che doveva insegnar qualcosa. Anche se non c’entrava nulla con la cosa da insegnare. La cosa. L’ho cercata e trovata e stupore, non era una mia fantasia né una bugia. No, perché non sempre si è manifestata vera. La nonna. Mille punti nonna, saranno retroattivi?
Ma è sempre qui, con i suoi detti, i suoi rimbrotti e la cito pure. Pinocchia. Pinocchietta a metà. Per esigenza scenica, mi par di capire o di riassumere o di metabolizzare. Bon, scopro invece che il grillo parlante è morto sotto un martello in prima stesura. Che uno prima lo uccide e poi rettifica. Come mi pare di notare anche qui, fuori dalla fiaba.
Insomma gli uomini di questa terra che vogliamo il frutto e, morti di fame, ripieghiamo sullo scarto, che uccidiamo e poi speriamo sia Pasqua tra un mese pure per il nostro morto. Che agli avventori offriamo le pere. Buttiamo le bucce. Quando ci stancano gli diamo sole le bucce e ci teniamo le pere, sperando che risorgano sì, un po’ più lontano però, che portino loro le pere, ma non troppe, che non vogliano anche mangiarle con noi…belli belli non siamo. Siamo da prima stesura che, leggo, racconta di Pinocchio senza orecchie e mi chiedo: perché non c’è bugiardo che abbia voglia di ascoltare se stesso mentre bùgia? che non esiste il verbo ma mi pare più tenero di altri…leggo di un albero magico e di magie, e questa mi piace: cose strane sotto l’albero delle streghe. Streghe. Pure. Pure nel 2021. Che c’abbiamo bisogno di un incantesimo per la polpa. Tristissimo. E di mangiar bugie per accettare la verità. Terribile.
Mia nonna diceva, ma anche voi lo dite, “non c’è più mondo” come se vi ricordaste di altre vite. Io evito di dirlo per non fare cattiva figura. Non è cambiato nulla mai, siamo ancora in prima stesura. Per amare dobbiamo perdere e poi desiderare. Non è forse il desiderio esso stesso l’amore? Come l’attesa, come lo struggente lacerante dolore. Da stimabili consumisti, che non ci dovevamo arrivare a esserlo perché avevamo la fiaba rettificata, scartiamo le pere, questa si questa no, non è fame ma voglia di qualcosa di nuovo, e le facciamo ammuffire, dicendo a noi stessi ci sarà sempre nel mondo una pera migliore. E abbiamo conosciuto altri frutti, e siamo al mercato distratti. Poi ci mancano le pere, quando non è più periodo, sì. E non è forse quel desiderio che “muove il sole e le altre stelle”? Bello Dante, avrà avuto notti illuminate lui. Noi mai pacati, insoddisfatti, affamati e ignoranti, annoiati e incoscienti, aspettiamo la luna che, mi viene in mente in strofa, da un testo di Zucchero, qualcuno, annoiato al tramonto…
Bello il tramonto.