E’ il caso di avere degli spiriti nell’armadio. Disse lui. Lei annuì ma non ne era troppo sicura. Vagava verso una scia di frasi come comete, ferma cercava di acchiapparle e loro aumentavano anziché finire, come con le bolle quando ti scordi sopra l’acqua per il tè. Pensava alla faccia di quella donna che s’era presa un uomo con gli incantesimi neri, pasticciava mutande e polpettoni di carne con fili di erbe e succedanei d’amore. Visto? visto, le vorrebbe dire, che pari una vecchia pronta a morire? Eri così carina ma ora, che brutta che sei. Dieci anni in terra ti fai. Con le grinze da vecchia. Oggi ce l’hai, oggi non ce l’hai. Reimpasti, rimpolpetti, mastichi, nascondi, pasticci. Un mese. Rifai. Altri dieci anni in terra ti fai. Lo spirito aveva capito che il viaggio in questo ragionamento sarebbe finito presto e aspettava a infilare il cucchiaino con le testa di un gattino nel suo pentolino. Ma prima o poi l’avrebbe dovuto fare. Quindi la fermò con una mossa come a prendere una mosca davanti a sé.
E’ il caso di avere degli spiriti nell’armadio. Disse lui. Lei annuì, un po’ sorrise stavolta ma aveva lo scherno del dolore e due lacrime proprio a sfiorire. Gonfie gonfie affacciatesi per potersi suicidare. Lo spirito sapeva cosa le passava per gli occhi. Una risposta, come dire, come un omino, che teneva le borracce da dentro e una risposta, come dire, come un omino, che tirava le borracce da fuori. Sul bordo. Piangi dai. E te ne vai. Te ne vai? Oggi è proprio 26. Te ne vai…Tu non fai come lei. Tu non prendi tutto quello che vuoi*… E lì si affacciò una canzone nota, ma pure un lenzuolo sul quel letto, un braccio, una tv e quell’ uomo e canticchiare insieme quella sera, la luce da sinistra, un telecomando e un posacenere. Una scena del crimine cioè. Qualcosa per cui far finta di essere ciechi e stupidi. Ma poi lei uccise la mosca. Lo spirito capì che questa volta era più breve, il cucchiaino lo infilò.
Dunque, gli spiriti. Disse lui. Poi attese sospettoso, ma lei era lì. Adesso era lì. Ascoltava. Si perché tutte le volte che inforcava la strada giusta, all’incrocio si fermava. E tornava.
Ci sono dei vantaggi. Continuò lui spiandola di sottecchi. Il primo è quello di distinguersi dalla massa: si parla sempre di scheletri. Le ossa sono ingombranti, anche messe in ordine una sull’ altra. E, se le urti , fanno rumore cadendo e cadono tutte, assicurato. Quando parte un senso di colpa tiene per mano tutti gli altri e li senti passeggiare nello stomaco, fanno il trenino. Avrò fatto abbastanza? Non ne ho avuto abbastanza? Ho tentato…disse lei, ma poi la voce le si incrinò. Preferì un sorso di tè. Erano d’accordo che gli spiriti fosser meglio degli scheletri, insomma, più gestibili. Con le ossa è un lavoro immane, spolverali con il pennello, se cascano vai a raccogliere i pezzi, a rimettere insieme i frammenti, perché anche dei propri scheletri bisogna avere cura, già. I dolori, i segreti, vanno messi a posto per come sono stati. Ricostruiti. Degni.
Gli spiriti invece sono leggeri, talvolta leggiadri. E ci accompagnano. In silenzio. Appaiono…ma se non li vuoi vedere non li vedi. E poi gli scheletri non sono indicati in nessuna delle categorie della raccolta differenziata. Oddio, andrebbero nell’umido ma non puoi. Li devi tenere. Le loro ossa appaiono quando meno ce lo aspettiamo, coi denti stretti in un ghigno. Spaventano i ricordi che vogliono riaffiorare puliti e li sporcano dei sentimenti di c’era una volta o più di una volta lì, o qui o un po’ più a destra, o a sinistra. Verso gennaio.
Gli spiriti hanno il colore dei ricordi, prendono le tonalità dalla foto più belle. Riusciamo ad abbracciarli volendo, a sentire il loro calore e anche il profumo, volendo.
Sì, perché non avremo mai uno spirito di un nemico nel nostro armadio, ma quello di un amico, quello di un amore, vivi o morti non fa differenza, con o senza involucro, non fa differenza.
Per quanto possa essere stato tremendo, ad esempio, lo spirito di un padre o di una nonna si guardano con tenerezza, se c’è stato rancore si è diluito, se c’è stato dolore, urla da qualche parte in fondo all’anima, ma sta sempre perdendo la voce. Rimane solo uno sfioramento di dita attraverso lo specchio, un tocco fresco, un alito di vento oppure niente, lo puoi ignorare. Chi manda spiriti per dolore sa di non poter fallire? Chiese lei.
Lo spirito sussultò. A lui stesso venne il dubbio di come aver fatto ad essersi installato a casa sua. Poi il dubbio che lei avesse il dubbio. Dubbiosi. Poi ricalcolò. Rassicuratosi disse che ciò che di male viene lanciato rimbalza e torna indietro centuplicato. Ci saranno cento spiriti per ognuno lanciato che stan cercando una faccia vecchia, un cuore astioso. Lei bevve il tè. Annuì avvolta in cento lane. Io amore sono. Come un cane.
*cit. “Balla Linda” Battisti.