Fabio D’Angelo
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Un giorno Una cosa.
Certe cose.
Uno scambio.
Le percezioni.
E ci sono percezioni che ti emozioni. Ping pong che devi aprire gli occhi e dire…allora mi hai letto. Quindi grazie perché hai letto. Perché l’hai letto e ci hai letto. E lo fai leggere a me.
Non si dovrebbe dire, pardon me for saying so, oooops, scrivere. Ma a me se mi rispondono così ve lo devo raccontare. E allora velodevoraccontare.
E’ che gli ho chiesto aiuto. Si sentiva … aiutoooo… da casa mia. Aiuto con il dialetto che lo parlo e ce lo metto ma il mio è umilmente errato, errante, erroneoso. Sì.
Allora lui l’ha corretto. Il mio Dio delle città era così, da questo punto di vista perfetto. Una ciambella di casa, per intenderci, eh, ma con il dialetto corretto. Che uno spesso c’ha una vita liquida che si liquefà e scrive e scrive per tediare gli amici. Poi arriva un complimento da chi se li merita lui e tu che ti facevi il caffè in quel preciso istante vedi Elia seduto di fronte, Assunto un po’ più distante e lei che dorme, a casa tua. Con quella guancia… Elia che se ne va. La lacrima. Tutta la storia insomma.
Oppure… ti viene un’allucinazione. Che poi la chiamano canzone.

Mi fa venire in mente : noi -io siamo- sono-storia- e – tu – non – sei – niente. Chissà chi è niente. Indolente. Verde. Accecante. Alacremente. Mente. Gigante. Lentalentalentamente. No. No. Ma i tuoi messaggi, no, sono generosi e di riconoscimento. Di ogni singolo granello di sabbia fai memento. Singolo. Sabbia. Quella testa non ha la testa. Non ha la rabbia. Mi fa venire in mente. Noi siamo storia inevitabilmente. Mente. Niente. Non mente. E resta solo: Mi fa venire in mente. Si sta guardando il mondo specularmente. . Da qui. Da qua. Qua io sono ombra e le ombra, restano qua. Poi là. Se tramonta se ne va. Se. Va.
E lui
Fabio D’Angelo
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Quella testa non ha la testa

Non ha la rabbia mi fa venire in mente
Vabbè. Che vi devo dire. Eh. Niente. Quello che ho scritto. Emozionata. Grazie.