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sANte che fai? sono le sei

C’è già caldo. Sono le sei. La città gracchia prima di mettersi a urlare. L’aria
è un poco smossa e arriva l’odore acre di una cosa appena servita
da un paio di cani scesi a pisciare prima di andare a lavoro.
Qualcuno da una traversa parte scannando la prima di una vecchia
Citroen. Un tizio trascina i piedi e sputa grosse chiazze dopo un
colpo di tosse. Due rumori di passi, tre, torna indietro con la
sua puzza di sigaretta tra i baffi. Sante ha copulato tutta la
notte. Non si può dire, così non si può sentire, ma si vede, i
bottoni scomposti, i vestiti ciancicati. La città così scioccante
nel silenzio della notte con le sue cosce aperte, pulsante di
giorno per poi, nel buio, sputare le sue sentenze. Le vie del
centro come la strada che porta al dolore. Il dolore come lui.
Libera zaffate di miele, di ammoniaca, di umori misti all’alcool,
del cibo della sera prima. Un caffè per favore. Nessuno lo sente,
al bar si stanno dando il cambio. Lui fermo. Seduto su quella
sedia della sera che ora è piena di brina sotto al suo sedere. La
nuca in avanti. La posa impenitente , gli occhi una fessura.
Quella camicia, sempre la stessa, umida sul petto. Ci è passata
una lingua, poi pure le labbra, carne timida poi
impertinente , poi una fitta di dolore. Un movimento tellurico . Una
bava, due, tre, di più, un non ti fermare. Un sottofondo di
amarena spremuta da altre cose non molto tempo fa, il biascicare
che non era importante, nessuna è importante, che non c’era nessun
movente. Lei. Un impasto, il suo seno nella bocca come il premio
di un cane che scodinzola via con il suo biscotto, una festa di
buon vicinato , la paura folle di volare, un’orgia, la birra a
fiumi. Apri gli occhi su di noi, possiamo volare , l’amarena
dell’altra… l’odore di lei, il suo colore. Noi. Oggi puoi. Pensava,
le ho leccato via il dolore. Che incongruenza . Non esiste l’amore.
Finito. Finita la festa.
L’orgia. La smorfia.
Finito il colore.​
Le sei. Ora monocromatici : il mondo, le sedie, gli uomini, due
cani, i desideri, tutti gli scazzi da sbrigare. Le sei.
La guarda andare via ancora adesso, l’amaranto della sua bocca
baciata e rigonfia, si allontana sfumando sul grigio, con le dita
prova a riprenderla ma lei è andata via. Che è successo, che cosa
è successo? Le stava mostrando lo zodiaco usando Pitagora, per
dirle che potevano a un tratto morire tutte le stelle. Il teorema .
Che l’amore non esiste. Tutte le volte che aveva bussato l’aveva
stoppato . Lo sapeva lui. Maestro insignito . Una targa gli dovevano
fare. Blasfemo contro vento. Meraviglioso maître di pillole di
veleno. Accanito contro quella piega che è l’origine della vita,
il posto da dove voleva rientrare in un’altra pancia, naufragare
da dove era venuto. Uomo che non avrebbe mai voluto essere stato
partorito. La voce un sibilo, la paura del vuoto. Non andare. Poi
lei è andata. Non esiste l’amore ma non andare. Il portone che
sbatte. Silenzio. Il barista è cambiato. Lui gli spara una
smorfia. Sono sempre qui. Emanuele sono sempre qui, pensa.
Sequestrato da me stesso nel cerchio dei ricordi senza risalita.
Emanuele prende il posto di Nino alle sei. Le sei del mattino di
ogni nuovo giorno. Un poco di occhi a tutte le cose da riordinare
e un grumo di tenerezza per quell’uomo sullo sgabello. Il caffè.
Sante, il tuo caffè . Fermo nel tempo. Da troppo tempo. Impigliato
come un amo da qualche parte. Odore di sottogonna. Emanuele… Bella,
quella l’aveva bella . Emanuele si arriccia, ne avrà viste due in
vita sua e si immagina queste escursioni, un po’ si irrigidisce,
come a casa al mattino. Lo guarda con riverenza e un po’ di paura.
Sante è quello che vorrebbero essere tutti e che nessuno vorrebbe
essere mai. Alla vita ha chiesto di fargli del male. Sodomizzami
gli chiede ogni giorno, quando sputa sangue, si rade la barba, si
arrende allo specchio.
Certe volte la vita lo ascolta, altre lo depista., la vita. Sante
e il suo teorema, in tasca due spicci, una cartina e due biglietti
un po’ malconci per un posto sconosciuto in Afghanistan, per un domani.

Domani, vuoi?

Sante e le sue cosce e le amarene. Emanuele deve tornare
al bancone. Sono da poco passate le sei.

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