In questo anno e mezzo, trascorso con la maschera, le orecchie a sventola e i sensori e i sensi in sovraccarico, ho visto di tutto e cercato di tacere, e quindi é finita a urlare per roba inutile, che nemmeno riguarda me. Allora ho riflettuto. Dobbiamo stare attenti a dove posiamo le parole andando e venendo, perché spesso siamo talmente concentrati sul niente da essere inopportuni, inutilmente giudicanti e palesemente ignoranti.
oSSERVA. pRENDI appunti.
Stavamo aspettando il #razzocinese per poter fare reportage con il nostro terzo occhio 2.0 (preso per settantacinque rate da 8 euro interessi zero -pure il mio, mi pare finirò nel 2030) dalla mansarda della zia Maria, del disastro. NIEnte, insoddisfatti.
…Dell’orario in cui sono arrivati i soccorsi, del cattivo lavoro dei soccorritori e della deludente quantità di vittime, della mancata verifica sul vaccino, erano al richiamo o no? … dopo aver visto baci censurati, paladini della giustizia per il “bene comune” che se tu non c’entri in quella bolla di bene non te ne fai niente e quindi recrimini. Tu che non alzavi la mano con la prof. di matematica perché ti intimidiva e, nonostante fossi almeno da 6, sei finito a settembre (io, quarto anno, vaa bé) ma intanto tu sei lì, a casa e hai una relazione con il tuo pc, nella migliore delle ipotesi, nella successiva l’hai con il telefono a cui dici tutto quello che fai e che pensi, immaginando di essere su un palco. Senti gli applausi. Appari, a dire il vero, una volta ogni tanto, calibri i consensi per non sembrare qualunquista assetato di rapporti umani, te la tiri, sei abbastanza “scioccante”, abbastanza anticonformista, abbastanza di nicchia, abbastanza originale. Perché non ti hanno visto con il mascara sbavato a “panda”, in pigiama, mentre scavi nelle notizie per ore: vediamo come glissare sul divertente.
Fuori si muore. Si annega. Si contratta. Si lavora e ci si spara. A chi lavora si spara. Magari, andando e venendo, passa il razzo su casa tua e non lo vedi perché sei immerso nella traiettoria che ti hanno girato il link, che per qualche ora ti ha messo tachicardia… Sei lì a dare informazioni che domani ti chiederai come faccia a saperle tanta gente. Sei lì a cercare di essere divertente, anzi no, speciale. E a tenere attive due o tre chat always open door entro e fuori regione, non si sa mai.
In questo anno ho visto maiali morire scaricati dai camion nelle fosse. Da casa mia, dallo sgabello in cucina, da dove sto coltivando una lordosi affettiva, al risveglio. Forse è quello che mi ricorderò più realisticamente. Insieme ai funerali, sono potuta andare solo a quelli e un paio di volte alla Upim, eh. Ho visto registi di balcone documentare birre e vicinanze. Ma solo perché “loro” non potevano più fingere una partita a briscola per razzolare per sedie di legno, tacchi smangiati, chiese aperte dalle ginocchia a pagamento. La mascherinaaaa. Ho visto consumare e sperperare disinfettante. Ho osservato la costruzione delle bugie. Dalla bozza al progetto definitivo. Ho tifato….fermati prima, dai, dai, dai! NAaaa. Realizzazione e commento finale. Non ho detto nulla. Ho pensato solo… omologato. Rubricato in una patologia e le sue sorelle. Ora mi scappa di urlare. Chiedo venia. Ma ho imparato tanto. Vocaboli sì, upgrade al vocabolario di sicuro. La parola. La parola migliore è quella che non si dice.
Stiamo attenti a dove posiamo le parole andando e venendo, magari finiscono sul cuore di uno che ha amato e ce l’ha fresco l’intonaco, magari finiscono sul dolore di uno che ha perso una persona importante e ce l’ha pieno di buchi e si infetta, magari finiscono su gente che non ha bugie e non ne riconosce e quando atterra “zàcchete” si rompe tutto, non c’è il gesso per l’umiliazione, la corrosione della buona fede, lo svilimento di tutte le forme di amore che siccome non ne hai avuto mai non lo sai decodificare. “Zàcchete”, la lingua vi dovete morsicare. Per mia nonna era l’ ABC dell’educazione.