Clitoride non è esattamente un nome chic per un pub. Di sicuro non ti aspetti di mangiar pesce soprattutto perché nell’insegna ci sta, bello grasso, stampato, un maiale.
Già immagino uno che ti deve dare appuntamento là…si ci vediamo alle 9 e quaranta.
Chissà quanti uccelli, pensi tu, sbeffeggiando. Pare sia un posto per gente con i soldi, le donne vanno vestite da troXa. Le solite leggende metropolitane… Però non deve essere facile, effettivamente, ordinare pietanze come la zoccola, supponendo che magari ne arrivi una vera e si porta via il tuo ospite. Nessun uomo è immune alla fantasia, diciamocelo chiaro, anche il migliore pezzo da novanta si rivela una bestia, per cosa poi?
Io ho deciso di andarci da sola, volevo vedere chi fosse il proprietario, di sicuro, pensavo, ostenta e si vanta di estrema conoscenza della fixa e di arti amatorie, cinque minuti e sarà vaffanculo, li conosco questi così. Arrivo lì, ordino spaghetti al sugo di riccio cercando di capire questo proprietario chi è. Nulla. Questo mi costringe a gustare la pasta. Buona, non posso recriminare ancora, pazienza…vado a finire il mio Insolia nel cortile. Il vento leggero e caldo fa il solletico a me e fa dondolare le cime degli alberi.
Resto seduta al buio in un magnifico silenzio finché non mi rendo conto che accanto, leggero come un fantasma, si è seduto un uomo dal viso estremamente elegante. Resto un po’ interdetta per bellezza, la scoperta e per il libro che tiene tra le mani. Inizia a raccontarmi quella storia, così, come se ci conoscessimo da sempre, in maniera semplice. A un tratto mi parla di vernissage, poi si ferma e mi chiede se per me è un inizio o una fine. Non ci penso più di tanto -una fine- rispondo. Sorride con gli occhi. Parte il primo tempo.